Alla presentazione del libro sui 90 anni del Chievo, il patron Campedelli a tutto campo su passato, presente e futuro della società.

La stagione più bella?

“L’anno migliore il primo in Serie A, era un pò tutto una scoperta, eravamo tutti più ingenui e meno maturi di adesso. Ma non bisogna dimenticare gli altri anni, sono stati importanti per arrivare dove siamo ora”.

Maglietta del Chievo preferita?

“Quella a cui sono più legato è quella della Hummel della promozione, gialla con i lacci sul colletto. Purtroppo oggi produttivamente è impensabile rifarla”.

L’emozione più grande?

“Il giorno del 3 a 3 contro la Juventus. Stavamo facendo una rincorsa importante in campionato, è servito anche per rompere il tabù di riuscire a fare punti a Torino”.

Quest’anno puntate alla Serie A?

“La Serie A come palcoscencio manca. I favoriti sono altri, noi partiamo a luci spente, il primo obiettivo è sempre quello della salvezza. Poi man mano che andremo avanti aggiorneremo l’obiettivo”.

Futuro della società?

“Se c’è qualcuno che voglia sostituirmi, migliorare, ben venga, sono aperto a tutto. Però sicuramente noi andremo avanti ancora per più anni”.

Rammarico più grande per giocatori sfumati?

“I grandi trasferimenti mancati sono due: Drogba e Cavani, che non si è perfezionato un pò per paura dell’alto costo d’acquisto”.

Cosa farebbe in maniera diversa?

“Cambierei tante valutazioni. Il fatto magari di essermi fidato in maniera troppo ingenua in certe occasioni, come con la Lazio (il riferimento è alla vendita di Manfredini ed Eriberto alla Lazio di Cragnotti) in un periodo dove magari avremmo potuto fare il salto di qualità, non dico come l’Atalanta ma simile all’Udinese”.

L’esonero più doloroso?

“Il primo non si scorda mai, quello di Caso dopo una sconfitta in casa contro la Lucchese. In generale non è mai bello mandare via un allenatore, non dormi a pensare se la colpa sia veramente solo sua o se è necessario per dare una sferzata all’ambiente”.

L’immagine del Chievo che le è rimasta più impressa?

“Un goal sbagliato, a Torino con la Juve quando Pellissier scarta anche i fotografi e poi lo sciagurato Uribe tira addosso a Marchisio a porta vuota”.

Il giocatore simbolo?

“Non posso non dire Pellissier, per me è stato parte importante di questa società, ha dato cose che nessun altro giocatore ha dato”.

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foto: padovasport.tv

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