In esclusiva ai microfoni di Chievo1929.it ha parlato Michele Rigione, pilastro della difesa gialloblu. Intervista in cui il numero 5 racconta tutto il suo amore verso il Chievo.

Partiamo dal tuo arrivo al Chievo, già ai tempi delle giovanili, negli anni gloriosi della squadra gialloblu. Com’è stato respirare l’ambiente di una società che stava scrivendo la storia del calcio italiano?

Si esatto, io sono arrivato nelle giovanili nel primo anno del Chievo in A. Ho avuto fin da subito la sensazione che fosse una grande famiglia e sono stati anni bellissimi, andavo spesso a fare il raccattapalle, mi ricordo di alcune partite tipo Chievo 3 Milan 2, la vittoria contro l’Inter o i preliminari di Champions. Sono veramente legato al Chievo e quando sono tornato tre anni fa, è stato un motivo di orgoglio perché sono nato in questa società“.

Ritorni al Chievo nel 2017, poi vari prestiti fino ad agosto 2019 quando rimani in rosa. Dopo il lockdown l’esplosione: titolarità e prestazioni di alto livello. Cos’è cambiato? Il lavoro paga?

Quando sono tornato al Chievo nel 2017, sono andato in prestito a gennaio a Cesena, poi Ternana, fuori rosa 6 mesi e infine Novara con degli infortuni. L’anno scorso, quando ho iniziato qua il ritiro non ero sicuramente in condizione, dopo il lockdown invece ho avuto la possibilità di giocare. Anche quando ero fuori rosa non ho mai mollato un centimetro, mi allenavo tutti i giorni al massimo, come dici tu il lavoro alla fine paga; l’ho e l’abbiamo dimostrato l’anno scorso facendo come squadra qualcosa di incredibile, anche se alla fine eravamo davvero “cotti”. Guardando il mio ruolo, ho fatto 14 partite di fila giocando ogni 3 giorni in 1 mese e mezzo, come squadra non ci si può rimproverare nulla“.

Dall’esterno si nota che sei il leader carismatico del gruppo, il collante capace di scherzare quando serve, ma di guidare poi la squadra nei momenti di difficoltà. Ti senti di avere questo ruolo? Come lo vivi?

Ti ringrazio, perché questo è un grande complimento, di solito in queste interviste si parla del gruppo dicendo delle belle parole che magari non sono del tutto vere, questo non è il caso, davvero questo gruppo ha intrapreso un percorso che va in un’unica direzione, c’è armonia anche con la società, lo staff tecnico, magazzinieri e fisioterapisti. Io mi sento parte integrante, sono nato in questa società quindi forse sento ancora più responsabilità. Anche nello spogliatoio c’è un bel clima, non posso scendere troppo nei dettagli (…ride…) e hai ragione, sono uno di quelli che scherza di più“.

Parliamo della difesa, una delle garanzie del Chievo in questa stagione, ruotate in tre, ma le prestazioni non cambiano. Qual è il segreto?

Stima reciproca, c’è competizione perché chiaramente tutti vogliono giocare e ti direi una bugia nel dire che chi non gioca è contento lo stesso; dev’essere così perché è il nostro lavoro. Però c’è grossa stima tra di noi, ad esempio Gigliotti è arrivato quest’anno ma sembra che sia qui da 10 anni, siamo tutti giocatori bravi e in estrema sintonia. A inizio anno il mister ha detto: siete tutti sullo stesso livello, vi farò ruotare, magari uno giocherà due partite in più, ma per me siete tutti uguali, è stato un bel segnale da parte sua“.

Nel gruppo ci sono tanti giovani di prospettiva: dall’alto della tua esperienza, chi secondo te ha ancora ampi margini di miglioramento e potrà giocare un giorno in una grande squadra?

Semper se mette a posto alcune cosine piccolissime per me può giocare in Champions League e non solo in Serie A. Ha ancora un po di timore di sbagliare nel parlare, però per me è un portiere straordinario, il più forte con cui abbia mai giocato e ho avuto Cragno, Di Gregorio; Adrian ha qualcosa in più. Poi mi piace tantissimo Viviani, se tiene questo atteggiamento farà parlare molto di sé“.

In tre parole, cosa differenzia il Chievo dalle altre società in cui hai giocato?

Se devo dirti tre parole: famiglia, attaccamento alla maglia e rispetto dei ruoli. Questi sono anche i nostri “trucchi” che ci stanno facendo viaggiare molto bene. Già dall’anno corso ci siamo detti: chiunque arriva deve sentirsi a casa, ma oltre a quello deve dare tutto e portare rispetto per il gruppo, perché per noi è sacro veramente“.

Veniamo al presente, dopo i torti subiti contro il Monza c’è sicuramente tanta rabbia, come avete vissuto dal campo quel momento? Cosa vi siete detti per ripartire sulla strada intrapresa prima dei due stop consecutivi?

Parto parlando di Brescia, che ha lasciato l’amaro in bocca, perché non meritavamo la sconfitta, poi dopo Monza c’è tanta rabbia sicuramente. Se ci davano il rigore o almeno il gol, la partita cambiava completamente; non ricordo tiri in porta del Monza nel primo tempo. Questo ci deve dare un forte segnale, perché ce la giochiamo a viso aperto con tutti, imponendo il nostro palleggio. Sicuramente c’è stato del nervosismo dopo aver subito tutti questi torti, ma noi dobbiamo pensare a giocare e a pedalare, al resto ci penserà la società. La reazione l’ho vista già nell’allenamento di ripresa di lunedì, a me ha impressionato perché eravamo tutti non a 3000 ma a 7000, è un gruppo che suda sempre la maglia e soprattutto dopo le sconfitte ha voglia di rivincita; già a Cosenza sono sicuro che faremo una grande partita“.

Chiudiamo con un viaggio nel futuro, dove ti vedi tra 5 anni e dove tra 10. Se potessi chiudere qui la carriera, magari con la fascia da capitano al braccio, firmeresti a occhi chiusi?

Ti dico la verità è una bella domanda a cui ci sto pensando, ma preferisco evitare. Sicuramente tra 10 anni mi vedo con qualche chilo in più (..ride..). A parte gli scherzi, nella mia carriera le ho vissute davvero tutte, passato da anni in cui dovevo giocare in Serie A, a stare fuori rosa fino alla retrocessione in Serie C. Non faccio grossi progetti, mi godo il momento, sono contento di essere al Chievo perché fin da piccolo sognavo un debutto con questa maglia; spero di fare qualcosa di importante già quest’anno. Se firmerei per essere tra 5 anni ancora al Chievo con la fascia al braccio? Certo, ti rispondo di sì senza giri di parole, io qui sto bene e penso di aver trovato la mia dimensione“.

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