Riccardo Meggiorini, attaccante del Chievo Verona che non ha trovato l’accordo per proseguire la carriera con la maglia gialloblu dopo sei stagioni, ha rilasciato un’intervista al giornale L’Arena. Queste alcune delle sue dichiarazioni.

Inizia l’intervista con parole d’addio “La prima sensazione è di un profondo vuoto, d’altronde quando succede qualcosa che non ti aspetti ci rimani male due volte. Io al Chievo tenevo davvero, questo sia chiaro. Me ne vado

Prosegue dicendo:” sono perfettamente a posto con la mia coscienza. Non ho mai tirato indietro la gamba, sono sempre andato d’accordo con tutti. Credo nel rispetto delle persone, quel che negli ultimi tempi è invece venuto meno. In passato ogni questione veniva risolta col dialogo e in tutta serenità. Ma non ora. E senza fiducia è dura andare avanti. La proposta del Chievo per il prolungamento, per come mi è stata presentata, in realtà è stata fatta solo perché dicessi di no. Senza tenere conto che un anno fa accettai di dimezzarmi l’ingaggio. Non so quanti dei miei compagni l’abbiano fatto. Chiesi solo che mi venisse allungato il contratto di due anni. Il Chievo si fermò ad uno. Eppure non credo fosse una richiesta così pretenziosa, soprattutto per quel che ero diventato per la società. In ogni caso i soldi non c’entrano nulla.”

Parla anche del rapporto con l’attuale mister :”Il rapporto con Aglietti? Faccio fatica a trovare le parole per spiegarlo. Ad uno dei primi allenamenti mi ha chiesto quanti gol avessi segnato, quasi come se volesse sminuire il mio peso all’interno della squadra. Ero a sette più quattro assist, non mi sembravano pochi. Qualcosa non mi tornava. D’accordo, nel 4-3-3 non avevo giocato nemmeno con D’Anna. Ma più che di moduli è stata una questione di fiducia. Mai davvero avvertita, altrimenti sarebbe andata diversamente.

Infine un commento su due uomini chiave del Chievo: Campedelli e Pellissier :”Campedelli? Mi sarei aspettato una telefonata da parte sua. Invece niente. È il padrone di solito che chiama il dipendente, non il contrario. Se penso che sei anni fa fu soprattutto lui a volermi mi chiedo oggi, dopo aver dato sempre tutto, cosa abbia fatto di male per essere stato dimenticato così. S’è confrontato con Pellissier? La verità in questa storia è che non ho mai capito bene il suo ruolo, senza nulla togliere al grande compagno che è stato e al grande dirigente che mi auguro possa diventare. Non sapevo se fosse il direttore o uno che rappresentasse il presidente Campedelli”.

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