Intervista esclusiva a Simone Castellucci, regista della Clivense, partito da Frosinone per inseguire il suo sogno.

Simone Castellucci, 28 anni all’anagrafe, è originario di Sora, un comune in provincia di Frosinone. Rappresenta il motore della Clivense, ricoprendo lui il ruolo di regista in mezzo al campo ma non solo. Allegretti infatti, apprezzandone la duttilità, lo impiega spesso e volentieri anche da centrale di difesa: “Il mio ruolo principale è il player basso davanti alla difesa”, – spiega Castellucci – “ho iniziato così. Poi contro lo Zai Golosine, quando siamo rimasti in dieci, il mister mi ha abbassato dietro. Ne abbiamo parlato, quando siamo in difficoltà nei campi più piccoli faccio qualche metro indietro e ne giova tutta la squadra”.

Il pallone come compagno di giochi fin da piccolo, per la precisione “verso i quattro cinque anni ho iniziato con le giovanili del mio paese, il Sora Calcio 1907, arrivando fino in prima squadra in Eccellenza. Poi a metà stagione mi sono trasferito al Boville Ernica che militava in serie D, con la juniores d’elite. A fine campionato ripartii con la prima squadra e da lì feci svariate presenze. Purtroppo ci furono alcuni intoppi tra società e procuratore, così decisi di provare altre esperienze in giro, come al Sorrento ai tempi della serie C. Provai pure un’avventura all’Hamrun Spartans in serie B a Malta. Non andò come sperato e dopo solo due mesi rientrai in Italia, firmando con il Deruta S.R.L. in D”.

Quando la carriera da calciatore stava cominciando a prendere piede però, ecco palesarsi lo spettro degli infortuni: “Concluso il campionato, all’età di 21 anni, sono iniziati i veri problemi di natura fisica”; – prosegue Castellucci – “durante la preparazione prestagionale ho sentito dei dolori a livello del ginocchio destro e del tendine rotuleo. Ha iniziato a peggiorare sempre di più, mi sono riavvicinato a casa a Sora e da lì ho fatto diversi mesi di terapia. A giugno dell’anno dopo ho deciso di operarmi in artroscopia perché non era chiara la natura del problema, non avendo subito nessun contatto di gioco. Si scoprì essere una cosa a livello genetico, ma dopo due mesi ritornò il dolore e mi operai per la seconda volta, direttamente sul tendine rotuleo, subendo un’asportazione di 2 millimetri. La cosa non si è risolta mai del tutto, se provavo a caricare troppo o a correrci sopra si infiammava di nuovo. Io il calcio non l’ho mai visto solo come un semplice hobby, puntavo in alto, volevo arrivare almeno in serie B: quindi dopo aver perso due anni e non vedendo miglioramenti, ho lasciato il calcio”.

Abbandonata per forza maggiore la strada del calcio, “ho intrapreso la via degli studi, iscrivendomi all’università di Scienze Motorie a Cassino per rimanere nel settore dello sport. Ho continuato con la magistrale in Scienze e Tecniche dello Sport a Tor Vergata, diplomandomi a luglio di quest’anno. A fine agosto leggo sui social di questo progetto di Pellissier. Verona non l’avevo mai vista, così per cambiare aria decido di prendermi alcuni giorni per venire a visitare la città e fare la pazzia di presentarmi al raduno per i provini”.

Due giorni di selezioni e poi la chiamata di Allegretti: “La mia vita è cambiata totalmente. Ho bloccato tutto per dedicarmi a questa nuova cosa, avevo intrapreso la strada per prendere il patentino da allenatore, mi ero già iscritto al corso a Roma. Ho disdetto e mi sono trasferito quassù. Grazie alle conoscenze apprese con gli studi ho iniziato a svolgere in palestra esercizi di rinforzo per l’articolazione del ginocchio e finalmente il problema è passato. Il calcio non sai mai cosa può riservarti, la vivo giorno per giorno coltivando anche il sogno di fare l’insegnante di educazione fisica nelle scuole. Però spero che questa pazzia mi porti a continuare a giocare a calcio”.

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